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John Teasdale e Mark Williams (Università di Cambridge), insieme a Zindel Segal (Università di Toronto) studiavano da alcuni anni la recidiva alla depressione cercando di potenziare l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Dopo essere entrati in contatto con l’approccio MBSR di Kabat-Zinn, elaborarono e sperimentarono un programma d’intervento clinico, definendo un protocollo di 8 incontri di circa 2 ore svolti in piccoli gruppi (massimo 12 partecipanti), seguiti da 4 incontri di follow-up dopo 12-15 mesi dal trattamento.

La Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) si prefigge lo scopo di ridurre le ricadute depressive e lo stato di disagio associato a schemi mentali, pensieri disfunzionali, emozioni e sensazioni presenti in caso di depressione, ruminazione, ansia, ossessioni e stress, unendo la pratica mindfulness insegnata da Kabat-Zinn e la TCC (Terapia Cognitivo-Comportamentale – acronimo in italiano di CBT – Beck et al. 1979) per la depressione. Successivamente, è stata applicata anche a persone con episodi depressivi in corso, con disturbi d’ansia generalizzati e con disturbi di tipo bipolare. Il riferimento teorico che analizza tali eventi deriva da un modello di spiegazione della vulnerabilità cognitiva che affligge i soggetti depressi in remissione, i quali tendono a sperimentare, in modo semi-automatico e via via più frequente, modelli mentali schematici di tipo auto-svalutativo, in una base umorale depressiva, con memoria episodica e percezioni propriocettive negative.

Il nucleo del loro lavoro mira a porre in discussione l’efficacia delle “operazioni mentali” di sostituzione di una serie di pensieri con un’altra. Partendo da alcuni costrutti sui processi cognitivi che traggono origine dalla teoria dei modelli mentali (Johnson-Laird), gli autori evocano l’attivazione “differenziale” di intere modalità di rappresentazione e di elaborazione, insegnando ai partecipanti nuove abilità centrali e strategie di coping, riassunte nell’invito a passare dalla modalità “fare” a quella “essere”.

Nonostante il programma MBCT sia direttamente derivato dalla MBSR, il peso delle diverse pratiche differisce nei due programmi (ad esempio lo yoga ha meno spazio e la pratica della meditazione seduta è introdotta per prima diventando l’elemento cardine). Alla pratica classica la MBCT introduce un esercizio meditativo detto “lo spazio del respiro in tre minuti”. In questo esercizio si interviene nel decelerare i flussi cognitivi ed emotivi incalzanti, portando la consapevolezza sull’intero contesto presente, interno ed esterno, in un campo più ampio di consapevolezza. Acquisita una certa competenza nel distanziamento, disinnescando una modalità automaticamente attivata di identificazione con pensieri ed emozioni, questa si può mettere in atto nel quotidiano, ad esempio nelle situazioni di stress, in cui si è coscienti, per esperienza, del fatto che possano innescarsi reazioni emotive e comportamentali che potrebbero portare ad un episodio depressivo o ansioso.
I risultati, ben documentati, mostrano una notevole efficacia del programma, soprattutto nei casi di persone che hanno avuto in passato più di tre episodi depressivi, con un dimezzamento delle ricadute nel 78% dei soggetti, risultati paragonabili a quelli dell’intervento farmacologico, con l’ulteriore beneficio di una maggiore stabilità degli effetti positivi a 6 e 12 mesi dopo la fine dell’intervento.