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Questi, però, condizionano, insieme all’alimentazione (Servan-Schreiber, 2007; Lalla, 2009), la fase della promozione (crescita tumorale) e quella della progressione (invasione dei tessuti circostanti e metastatizzazione). Sappiamo infatti che i fattori psicologici possono, attraverso il sistema nervoso centrale, venire a modulare i processi immunitari attraverso cui il nostro organismo si difende dall’aggressione tumorale. Essi agiscono quindi come fattori di rischio o di protezione che, all’interno di un modello più complesso di quello tradizionale, spostano gli equilibri in gioco verso la malattia o la guarigione.
In un articolo pubblicato pochi anni fa (Romano et al., 2007) una di noi progettò e attuò uno studio che mirava a controllare se ci fosse una differenza statisticamente significativa fra la frequenza degli eventi stressanti vissuti nell’anno precedente, la diagnosi di tumore e quella con cui essi si presentavano durante lo stesso arco temporale in un campione di soggetti sani.
In questo articolo riportiamo invece parte di una ricerca effettuata per controllare se nella popolazione affetta da neoplasia sia più diffusa la presenza di tratti di personalità che predispongano all’insorgenza di tale malattia. In particolare riporteremo l’indagine che nel nostro studio si è occupata di stabilire se tra i pazienti oncologici sia più frequente una bassa consapevolezza della componente emotiva dello stress correlato a certi eventi personali.
È chiaro che tale indagine si colloca sul solco tracciato da quanti si sono già occupati del concetto di alessitimia. Questo termine, introdotto nel 1973 da Sifneos, denota un tratto stabile di personalità caratterizzato anzitutto dall’incapacità di identificare le proprie emozioni, distinguendole dalle correlate sensazioni corporee. Altre dimensioni caratterizzanti sono la difficoltà a descrivere le emozioni provate, la scarsa capacità di rappresentare i sentimenti degli altri e la presenza di un pensiero tendenzialmente diretto verso l’esterno della persona, cioè poco autoriflessivo. Costrutti odierni che risultano imparentati con quello di alessitimia possono essere considerati il deficit della funzione riflessiva e quello di capacità meta-cognitive.
Recentemente sono stati compiuti vari studi per accertare il ruolo patogenetico che l’alessitimia può svolgere nel processo di sviluppo di un tumore. In particolare è stata indagata e riscontrata una maggior presenza di alessitimia fra le donne con carcinoma mammario (Manna et al., 2007; Eskelinen e Ollonen, 2011).
Un altro costrutto teorico che ha ispirato la nostra ricerca è stato quello del Coping di Tipo C, caratterizzato dal fallimento a riconoscere i propri stati fisici ed emotivi, da una proiezione esterna sui bisogni e i sentimenti degli altri e da una facciata di normalità e salute mentale (Temoshok L., 1987; 2003; 2004). Il Coping di tipo C, descritto dapprima in riferimento ai pazienti affetti da melanoma (Temoshok L., Heller B.W., 1981; Temoshok L., 1985; Temoshok et al., 1985), ha coniugato storicamente la scarsa consapevolezza delle proprie emozioni con l’insorgere della malattia tumorale e pertanto ci ha indicato la direzione verso cui muovere la nostra indagine.

Metodi

Lo studio ha preso in esame un campione composto da 172 soggetti, di cui 86 affetti da neoplasia e 86 senza alcuna patologia evidente. I due gruppi risultavano equivalenti per parametri socio-culturali (età, sesso, titolo di studio e attività lavorativa). I pazienti erano seguiti nell’Unità di Oncologia Medica del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma e presentavano vari tipi di tumori solidi. I tipi più frequenti erano: cancro del colon (41%), cancro della mammella (27%), cancro del polmone (19%) e cancro del pancreas (6%). Il restante 7% dei pazienti presentava altri tipi di tumori solidi.
A differenza della maggior parte degli altri studi abbiamo preferito non ricorrere al classico strumento di rilevazione dell’alessitimia, cioè la Toronto Alexithymia Scale a 20 item (TAS-20). Infatti questo questionario di autovalutazione ci avrebbe consentito di misurare con una delle sue tre sub-scale e i sette item che la compongono una difficoltà generale a identificare i sentimenti provati, mentre il nostro intento è stato quello di sottoporre a controllo l’ipotesi che il livello di consapevolezza della componente emotiva degli eventi stressanti fosse più basso nei pazienti oncologici rispetto a quello raggiunto nei soggetti senza patologia evidente.
Al fine di rispondere all’ipotesi del presente studio, ci siamo avvalsi del “Questionario sugli avvenimenti della vita” (QAV), costruito da M. Biondi e P. Pancheri e basato sulla traduzione, l’adattamento e l'ampliamento degli strumenti valutativi "Schedule of Recent Experiences" e "Life Experience Survey", di Sarason e Johnson, dell’Università di Seattle. Il QAV è costituito da una scheda di registrazione degli avvenimenti della vita, suddivisi in tre gruppi a seconda della sfera emotiva di appartenenza. Il gruppo I comprende i cambiamenti nella vita affettiva e familiare; il gruppo II gli eventi di lavoro ed economici; il gruppo III i cambiamenti generali nella vita. In totale vengono presi in considerazione 46 eventi. Per ciascuno di essi viene chiesto di riferire se e quando si sia verificato, di specificare la valenza (negativa, neutra o positiva) del vissuto emotivo che ne può essere conseguito e di fornire una misura di questa attraverso una scala Likert a 7 valori compresi tra –3 (impatto estremamente negativo) e +3 (impatto estremamente positivo).
La nostra previsione era di un dato apparentemente paradossale, e cioè che il coinvolgimento emotivo riconosciuto dai pazienti oncologici a proposito degli eventi stressanti sarebbe risultato minore rispetto a quello dichiarato dai soggetti senza patologia evidente. Ciò avrebbe rivelato non una maggiore imperturbabilità di fronte alle diverse vicissitudini della vita, ma piuttosto una scarsa consapevolezza dei vari generi di esperienza emotiva con cui esse sarebbero state vissute. A tal proposito va considerato che mentre il QAV appare individuare in modo abbastanza attendibile gli eventi stressanti in cui sono incorsi i soggetti (è improbabile che questi di regola inventino o neghino una serie di avvenimenti oggettivi), esso si limita a rilevare in modo affidabile solo la rappresentazione che i soggetti stessi si danno della misura raggiunta dall’impatto emotivo evocato da tali eventi e non già il suo dato effettivo. La distinzione fra rappresentazione dell’intensità emotiva e reale verificarsi di essa resta evidentemente una questione che va risolta di volta in volta alla luce del contesto in cui il questionario viene utilizzato. Va poi ricordato che il coping di tipo C è stato associato a una discrepanza fra gli indicatori fisiologici dello stress e la riferita esperienza emotiva, il che indica il mancato riconoscimento di quest’ultima (Kneier& Temoshok,1984).

Risultati

Verificata la distribuzione normale dei punteggi ottenuti dal gruppo sperimentale e da quello di controllo per ciascun item del “Questionario sugli avvenimenti della vita”sono state calcolate per tutte le distribuzioni di frequenza la deviazioni standard e la media. Quindi si sono selezionate attraverso il test “t” di Student le differenze che risultassero statisticamente significative con p < 0.05 fra le medie dei punteggi ricavati dai due gruppi per ognuno degli item.
Gli avvenimenti che hanno mostrato una differenza statisticamente significativa fra le medie raggiunte nel gruppo sperimentale e in quello di controllo sono stati i seguenti: fidanzamento o inizio di una relazione, aborto, problemi sessuali, problemi con i suoceri, problemi con i genitori, infedeltà del coniuge, procedimenti penali o civili in corso, nuova attività lavorativa, cambiamenti della situazione lavorativa, problemi con il datore di lavoro o con il superiore, perdita del posto di lavoro, cambiamenti di responsabilità nel lavoro, insuccesso professionale, presenza di un grande debito, furto o perdita rilevante di oggetti, trasferimento a nuovi corsi di studio, cambiamenti delle attività del tempo libero, cambiamenti delle abitudini personali.
Ora, se analizziamo come si delineano le differenze fra i punteggi medi del gruppo sperimentale e quelli del gruppo di controllo, emerge che, senza eccezione alcuna, i soggetti del primo gruppo esprimono una valutazione di minor impatto emotivo (punteggi più orientati verso lo 0), sia a proposito degli eventi di vita vissuti in maniera negativa, sia in riferimento a quelli esperiti positivamente.
Inoltre la rappresentazione di minor coinvolgimento emotivo espressa dai soggetti appartenenti al gruppo sperimentale si manifestano rispetto agli eventi di vita appartenenti alla sfera affettiva, quanto verso quelli che rientrano nella sfera lavorativa ed economica, nonché, infine, nei riguardi dei cambiamenti generali nella vita.
Anche i punteggi ottenuti negli altri item del QAV, in cui non si è raggiunta la significatività statistica, riflettono comunque i caratteri sopra descritti.

Conclusioni

I soggetti con malattia oncologica manifestano una minore consapevolezza delle proprie emozioni e quindi del loro significato. Ciò costituisce un fattore psicologico di rischio che si attiva allorché si verificano eventi stressanti. Infatti, una persona priva del contatto con le emozioni vissute a confronto con tali eventi perderà una preziosa fonte interna di informazioni sul senso di ciò che le accade e sarà pertanto meno in grado di esercitare una gestione costruttiva e adattiva di essi, che va da una loro più compiuta comprensione alle strategie messe in atto per affrontarli così come alla richiesta di appoggio rivolta agli altri. Lo stress non verrà allora affrontato in modo combattivo e costruttivo. Ciò si risolverà in una depressione del sistema immunitario (Lewy et al., 1987), in un calo dell’immunosorveglianza e, conseguentemente, nella mancata estirpazione di un focolaio tumorale eventualmente presente (Imai et al., 2000).
Le implicazioni terapeutiche e preventive che derivano dai dati emersi da questo studio pongono in primo piano l’importanza di tutti gli interventi che promuovono la consapevolezza delle emozioni evocate dagli eventi stressanti (Lutgendorf et al., 1994; Pennebaker et al., 1986) e specialmente il valore della psicoterapia (Grossarth-Maticek&Eisenck, 1989; Spiegel et al., 2007) e della mindfulness (Saxe et al., 2001).