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(George, Ellison e Larson, 2002; Koenig, McCullough, e Larson, 2001; Powell, Shahabi e Thoresen, 2003; Seeman, Dubin, e Seeman, 2003; Seybold e Hill, 2001; Thoresen, Harris e Oman, 2001) e psichico (Larson, Swyers, McCullough, 1998; Plante e Sherman, 2001). Ma qual è il ruolo che la religiosità e la spiritualità rivestono nella promozione e comprensione del benessere individuale e collettivo? Le ipotesi più accreditate (Hill e Pargament, 2003) sono le seguenti: (1) la religiosità e la spiritualità hanno un’influenza indiretta coadiuvata dalla presenza di diversi mediatori psicologici, sociali e fisiologici; (2) la religiosità e la spiritualità hanno un’influenza diretta; (3) solo tramite l’impiego di strumenti di misura specifici è possibile rivelare la relazione tra religiosità, spiritualità e salute (mentale e fisica).
Obiettivo del presente lavoro è fornire un quadro chiaro, seppur limitato, degli strumenti sviluppati in questo ambito di ricerca e di come questi strumenti assumano un ruolo chiave nella relazione tra benessere e religione. Verranno presentati gli sviluppi della ricerca in questo contesto. Il lavoro rappresenta anche una piccola guida che potrà essere di aiuto per orientare il lettore/ricercatore verso la scelta di strumenti di ricerca che valutano sia aspetti specifici che generici della religiosità e della spiritualità.

Religiosità e Spiritualità a confronto

Un passo importante, prima di passare alla rassegna della letteratura, è quello di definire i costrutti di religiosità e spiritualità. In passato il termine religione è stato operazionalizzato sia come costrutto individuale che istituzionale. Attualmente il termine religione assume una dimensione sempre più istituzionale, reificandosi in un sistema fisso di idee o obblighi ideologici (Wulff, 1996), mentre la spiritualità viene sempre più utilizzata per fare riferimento al lato soggettivo ed individuale dell’esperienza religiosa. La religiosità, pertanto, viene percepita come la parte formale, dottrinale, autoritaria della religione mentre la spiritualità ne rappresenta l’emotività, l’interiorità, la non sistematicità (Koenig et al. 2001). Questa ridefinizione del significato della religione in termini bipolari (religiosità versus spiritualità; istituzione versus individuo), provoca non pochi problemi teorici e metodologici. Da un punto di vista teorico, i problemi deriverebbero dal fatto che le diverse forme di spiritualità non si aprirebbero a domini istituzionali, rendendo la spiritualità una questione utilitaristica, un perseguimento dell’interesse personale (Wuthnow, 1998); la spiritualità potrebbe essere percepita e vissuta emotivamente come positiva, mentre la religiosità come negativa, sottostimandone le potenzialità reciproche (Pargament, 2002). Da un punto di vista metodologico si assisterebbe a duplicazioni inutili di concetti e misure, senza alcun contributo scientifico importante. D’altronde ogni probabile tentativo di ridefinire i costrutti di religiosità e spiritualità potrebbe risultare limitato e discutibile (Hill, Pargament, Hood, McCullough, Swyers, Larson e Zinnbauer, 2000), in quanto esse rappresentano due facce della stessa medaglia.
Un ponte tra religiosità e spiritualità può essere costituito dalla ricerca del sacro, processo attraverso il quale gli individui cercano di scoprire, trattenere, trasformare ciò che è sacro nelle loro vite (Pargament, 1997, 1999). Il sacro rappresenta il comune denominatore della vita religiosa e spirituale, è ciò che caratterizza la religione e la spiritualità da altri fenomeni e comprende concetti appartenti ad entrambi (es. Dio, il divino, la realtà ultima, la trascendentalità) e ogni aspetto della vita che assume carattere eccezionale in virtù della sua associazione con tali concetti (Pargament, 1999). La misura del sacro potrebbe rappresentare, a questo punto, per il ricercatore una nuova sfida in questo campo così affascinante e insidioso. Un framework non molto chiaro ha spinto numerosi ricercatori e psicologi a prendere le distanze dalla religione e dall’utilizzo dei suoi costrutti o ad avere atteggiamenti ambivalenti verso questo ambito di ricerca.
Questo allontanamento è espresso anche con una diffidenza verso coloro che la rappresentano (es. leader religiosi ed istituzioni religiose). Di riflesso, l’impatto della religiosità e della spiritualità sulla salute mentale è stata sottostimata, messa in secondo piano, come evidenziato da sistematiche rassegne condotte sulla letteratura empirica (Sherrill, Larson e Greenwold, 1993; Weaver, Kline, Samford, Lucas, Larson e Gousuch, 1998; Larson, Pattison, Blazer, Omran e Kaplan, 1986).

Ruolo di Religiosità e Spiritualità nella promozione del benessere

Gran parte della conoscenza in merito all’importanza della religione nella salute mentale inizialmente è emersa da studi epidemiologici e sociologici condotti su larga scala. Le variabili religiosità e spiritualità venivano misurate in termini di indici globali (es., quanto ti auto-percepisci religioso, affiliazione religiosa e frequenza al culto), rendendo impossibile stabilire il come e perché essi agiscano sulla salute dell’individuo (Hill e Pargament, 2003). Metodologicamente l’impiego di indici globali avrebbe dovuto limitare l’attendibilità, l’effect size della religiosità e della spiritualità sul benessere dell’individuo rispetto ad indici specifici (Hunter e Schmidt, 1990). Nonostante ciò, alcuni studi hanno evidenziato come questi indici, seppur globali, si sono rivelati predittivi della salute mentale e fisica. Ad esempio, una meta-analisi condotta sulla relazione tra il committment religioso e la mortalità, mostra come le persone con alti punteggi di committment religioso hanno il 29% (in follow-up) di probabilità in più di sopravvivere rispetto a chi è coinvolto in misura minore (McCullough, Hoyt, Larson, Koenig, e Thoresen, 2000). Questo inaspettato successo predittivo, d’altro canto, ha portato ad un rallentamento nello sviluppo di indici psicometrici specifici, sottovalutando la possibilità che aspetti specifici dell'esperienza religiosa e spirituale possano contribuire positivamente o negativamente alla salute fisica e mentale in modo diretto. Tuttavia la relazione che intercorre tra salute e religione risulta essere attualmente non chiara. Alcune ricerche evidenziano il ruolo di mediatore da parte della religiosità e della spiritualità, altre ne enfatizzano un ruolo diretto. Alcune religioni possono promuovere un determinato stile di vita (King, 1990), possono fornire una rete sociale forte in modo da attenuare gli effetti dello stress (Taylor e Chatters, 1988), possono ridurre l’incertezza della persona su tematiche importanti come la morte (Schwartz e Huismans, 1995). La religione è promotrice di ottimismo (Sethi e Seligman, 1993), fornisce aspettative positive di benessere (Dull e Skokan, 1995; McIntosh, 1995) ad esempio, l’aspettativa di una vita serena e beata dopo la morte.
Attuali ricerche in questo campo hanno preso in considerazione aspetti particolari della religiosità e della spiritualità in relazione alla salute mentale e fisica. Avvicinare l’uomo a Dio è la funzione principale della religione, tutto il sistema delle credenze religiose attiene a questo scopo. Di conseguenza l’essere connessi a Dio rappresenta un valore ultimo (Kass, Friedman, Lesserman, Zuttermeister e Benson, 1991). La figura di Dio per un fedele può essere contemplata come una figura di attaccamento (Kirkpatrick, 1995) che offre protezione e supporto dallo stress e dall’incertezza. Studi scientifici in questo ambito rivelano come un attaccamento sicuro a Dio è connesso con numerosi benefici psichici e fisici. Tra i benefici psichici si riscontrano: bassi livelli di depressione e alta autostima (Maton, 1989b), bassa solitudine (Kirkpatrick, Kellas e Shillito, 1993); grande maturità relazionale (Hall e Edwards, 1996, 2002); grande competenza psicologica (Pargament, Kennell, Hathaway, Grevengoed, Newman e Jones, 1988); miglior adattamento psicologico a fronte di una serie di fattori ed eventi stressanti di vita (Tix e Frazier, 1998), una migliore autopercezione dello stato di salute (Krause, 1998). Tra quelli fisici, un attaccamento sicuro a Dio garantisce una buona risoluzione da malattie mediche (Koenig, Pargament, e Nielsen, 1998), da trapianti chirurgici (Tix e Frazier, 1998) e da disastri naturali (Smith, Pargament, Brant e Oliver, 2000). Questi stessi risultati non risultano essere spiegati da altri fattori non religiosi (es. strategie generali di coping, ristrutturazioni cognitive, variabili demografiche).
La religiosità e la spiritualità altresì possono essere interpretate come un quadro generale che orienta il mondo e fornisce motivazioni e ne delinea il senso della vita (Allport, 1950; McIntosh, 1995; Pargament, 1997), pertanto aiutano il fedele ad orientarsi nel mondo e nella vita quotidiana coerentemente con i precetti religiosi. Per un fedele molti aspetti della vita possono essere percepiti come sacri, ad esempio la salute fisica (il corpo è il tempio dell’anima). Pertanto perdite e violazioni di alcuni aspetti della vita percepiti come sacri possono risultare dannose e dolorose, minando il benessere dell’individuo (Magyar, 2001). Possedere un orientamento religioso o spirituale implica la possibilità di poter accedere ad un’ampia gamma di metodi di coping religioso (per esempio, il sostegno spirituale, la meditazione, i riti di passaggio) collegati ad una migliore salute mentale e fisica (Pargament, 1997). Emmons, Cheung e Teheran (1998) evidenziano come avere un orientamento religioso/spirituale sia connesso ad una soddisfazione di vita migliore, ad elevati livelli di benessere e ad un maggior grado di integrazione tra scopi e obbiettivi. Alti livelli di orientamento religioso intrinseco sono associati con una maggiore autostima, senso della vita, buone relazioni familiari, nonchè bassa propensione all’abuso di alcol, droga e promiscuità sessuale (Donahue, 1985, Payne, Bergin, Bielema e Jenkins, 1991). Forme di religiosità intrinseca sono legate anche a risoluzioni positive in momenti di crisi (Pargament et al, 1992; Park e Cohen, 1993).
Anche il supporto derivante da parte dei membri, dai leader, e dal clero delle proprie congregazioni religiose è correlato ad una serie di benefici per la salute. L’assistenza religiosa può essere una fonte preziosa di autostima, informazioni, compagnia, aiuto; una variabile che mitiga gli effetti dello stress (Cohen e Wills, 1985) e di circostanze difficili come le malattie, l'invecchiamento, o la morte (Ellison e Levin, 1998). In letteratura il supporto religioso è associato con bassi livelli di depressione e una migliore soddisfazione di vita (Fiala, Bjorck e Gorsuch, 2002; Krause, Ellison e Wulff, 1998), mentre risulta predittore di minore disagio emotivo (Pargament, Koenig, e Perez, 2000) e di un migliore adattamento psicologico (VandeCreek, Pargament, Belavich, Cowell e Friedel, 1999).
La vita spirituale e religiosa non è sempre facile, pertanto dubbi religiosi/spirituali possono avere importanti effetti sulla salute ed il benessere in quanto elicitano e mettono in discussione credenze definite dall’individuo come sacre e degne di importanza. In letteratura, il dubbio religioso è associato sia ad outcome positivi che negativi. Tra gli effetti negativi si contemplano: ansia, depressione, stati d’animo negativi, scarsa qualità di vita, attacchi di panico e comportamenti suicidari (Exline, Yali e Sanderson, 2000; Hays, Meador, Branch e George, 2001; Krause, Ingersoll-Dayton, Ellison e Wulff, 1999; Pargament et al., 2000; Pargament, Smith, Koenig e Perez, 1998; Pargament, Zinnbauer, Scott, Butter, Zerowin e Stanik, 1998; Trenholm, Trent, e Compton, 1998). Tra gli outcome positivi invece: maggiore autorealizzazione, bassi livelli di pregiudizio, apertura mentale, crescita spirituale e incremento di strategie di coping (Calhoun, Cann, Tedeschi e McMillan, 2000; Pargament et al, 2000; Ventis, 1995).

Rassegna degli strumenti

Il campo della psicologia della religione ha fatto passi significativi nello sviluppo di nuovi strumenti di misura, tentando di differenziare i diversi costrutti di religiosità e spiritualità. Tuttavia la complessità del fenomeno religioso è tale in quanto convoglia dentro di sé una serie di altre variabili importanti come: le emozioni, i processi cognitivi, le dimensioni fisiologiche. Un riferimento utile per gli addetti al settore è il compendio: “Measures of Religiosity” (Hill e Hood, 1999). La raccolta prende in rassegna 125 misure di religiosità e spiritualità suddivise in 17 differenti categorie (tra le quali: credenze, attitudini, fede, valori religiosi).
Nonostante questi sviluppi positivi, numerosi ricercatori che operano nel campo della salute e del benessere non sono completamente a conoscenza di questi studi sulla religiosità e del suo ruolo specifico sulla salute (Hill e Pargament, 2003). In parte ciò è attribuibile al fatto che questi studi vengono pubblicati su riviste di settore e marginalmente in riviste divulgative o libri di testo di psicologia (Lehr e Spilka, 1989). In relazione alla salute ed al benessere, la religiosità e la spiritualità in passato venivano misurate tramite indici globali, impedendone una intra-differenziazione. Attualmente, ulteriori passi in avanti sono stati effettuati nell’operazionalizzare i concetti di religiosità e spiritualità e nella creazione di misure specifiche che sono legate alla salute ed al benessere. Accanto alle classiche misure di religiosità (questionari, test), sempre più, i ricercatori in questo ambito ricorrono a metodi alternativi (impiego di immagini, Pendleton, Cavilli, Pargament e Nasr, 2002) ed innovativi, come ad esempio la misura dei tempi di reazione (Hill, 1994) e l’impiego di indicatori fisiologici come PET, fMRI, EEG (Newberg, d’Aquili e Rause, 2001).

Come scegliere lo strumento adatto

Come tutti gli strumenti di misura, i test sviluppati nel campo della psicologia della religione non sono perfetti. Alcuni strumenti presentano dei problemi che il ricercatore e lo studioso devono conoscere. Le minacce più importanti alla validità di uno strumento nel campo della psicologia della religione riguardano: la scarsa rappresentatività del campione (in maggioranza composta da studenti universitari); alcune denominazioni potrebbero risultare problematiche quando si desidera utilizzare una scala all’interno di campioni religiosi eterogenei (Pluralistic Population); gli strumenti sviluppati molto spesso non sono sensibili a variabili culturali (Cultural Sensitivity); indici di attendibilità, validità o dati normativi riguardano generalmente singoli campioni; vi è un uso improprio e massivo di alcune misure, in particolare quelle recentemente sviluppate. Anche in questo campo, la scelta, l’utilizzo e la valutazione di uno specifico strumento devono seguire dei rigidi criteri metodologici. Ad esempio: è indispensabile verificare la presenza di una chiara base teorica ed i suoi ambiti di applicazione; selezionare strumenti con solide basi teoriche, sostenute anche empiricamente; testarne l’applicabilità culturale del costrutto (es. un test nato in un contesto religioso orientale difficilmente sarà applicabile ad un contesto occidentale e viceversa); verificare le proprietà psicometriche dello strumento (il campionamento e la sua rappresentatività, indici di attendibilità, validità convergente/discriminante); verificare la presenza di validazioni cross-nazionali dello stesso strumento. Purtroppo parte degli strumenti presenti in letteratura non possiedono tutte le caratteristiche sopra elencate, ciò non vuol dire che essi siano da scartare. Un test può essere migliorato e qualora non lo fosse è indispensabile costruirne dei nuovi (Gorsuch, 1990).

Conclusioni

Le ricerche riportate in questo lavoro evidenziano come la religiosità e la spiritualità apportano una componente unica che facilita l’adattamento (Tix e Frazier, 1998) dell’individuo in condizioni stressanti, anche emotivamente. L’interesse verso lo studio della religiosità e della spiritualità assume una importanza sempre maggiore in psicologia e nel campo della salute e del benessere. Sia come indice globale che specifico, la religiosità e la spiritualità emergono come variabili predittive di salute mentale e fisica e risultano connesse ad outcome positivi di benessere. Questo filone della psicologia della religione e della spiritualità è attualmente in crescita e nuovi interrogativi aspettano di essere indagati: la religiosità e la spiritualità hanno effetti distintivi, diretti o indiretti sul benessere e sulla salute? Sicuramente ulteriori progressi sono necessari nel raffinare le definizione dei costrutti di religiosità e di spiritualità, anche attraverso l’impiego e lo sviluppo di nuovi strumenti di misura. Studi orientati in questa direzione porterebbero a identificare la spiritualità e la religiosità come dimensioni distinte, ciascuna con un potere esplicativo differente nella predizione della salute fisica e mentale.

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